AppenBio: nasce il primo bio-distretto dell’Emilia-Romagna
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Il progetto di cui Alce Nero è capofila, e cofinanziato con i fondi regionali, ha l’obiettivo di indirizzare le aziende rurali dell’appennino bolognese verso un metodo innovativo di coltivazione e allevamento attento e orientato alla salute. Coinvolte due Università e il Policlinico di Sant’Orsola.
L’appennino bolognese come terra di coltura e cultura di cibi sani e sostenibili per l’ambiente. È il progetto AppenBio che oggi ha piantato il seme per la nascita del primo bio-distretto dell’Emilia-Romagna. L’obiettivo è aumentare la redditività delle aziende rurali del territorio, il loro potenziale in fatto di produzione di tipo salutistico e sostenere la biodiversità territoriale, tutelando così anche le caratteristiche proprie del paesaggio appenninico. E nel farlo sono stati scelti due prodotti che saranno oggetto di una fase di sperimentazione da parte di tre imprese agricole bolognesi: cereali e latte fieno. L’intento è di selezionare una varietà di miscugli innovativi e applicare tecniche produttive agricole e di allevamento da pascolo di bovini da latte che rispondano non soltanto alle esigenze nutrizionali ma soprattutto a quelle della salute.
Per poi passare, una volta verificati i risultati della ricerca, alla loro riproducibilità su larga scala: creando un modello imprenditoriale equilibrato di “start up agricola” che applichi in azienda le linee guida definite durante i test condotti sul campo.
Le aziende coinvolte in questa prima fase sono: il Podere San Giuliano di San Lazzaro di Savena, La Cartiera dei Benandanti di Monghidoro e l’Azienda Agricola Andrea Morara di Monterenzio.
Le aziende selezionate avranno la possibilità di coltivare miscugli innovativi di cereali tradizionali e utilizzare nuove tecniche d’allevamento e di alimentazione bovina. Lo scopo è produrre uno speciale “cibo della salute” proprio dei territori dell’appennino bolognese che abbia proprietà fortemente antinfiammatorie sul corpo umano.
I principali obiettivi di AppenBio sono dunque: aumentare la reddittività dell’area rurale appenninica, valorizzare cultivar tradizionali e tecniche produttive agricole e di allevamento sostenibili che, unite alle ricerche più attuali, permettano di produrre un cibo vero e per la salute.